venerdì 4 dicembre 2009

Intervista a Enrico Piovesana, giovane inviato di guerra.

La guerra raccontata da chi la vede ogni giorno.Dall'esperienza di un reporter,inviato di guerra,Enrico Piovesana,al racconto della guerra in Cecenia.
Intervista di Simone Alliva

Non molto spesso si parla,si leggono degli articoli,si guardano delle immagini alla televisione o su internet e non si pensa che per prendere quelle immagini, per raccogliere quelle informazioni si è rischiato la vita.
Il mestiere del giornalista è un mestiere affascinante, nobile. Quello dell’inviato , lo è ancora di più, ha un fascino se vogliamo maggiore, ha un che di avventuroso ed eroico.
Per il penultimo appuntamento con la rubrica “Niente e Cosi Sia”, prima della consueta pausa estiva, Portale Giovani ha avuto l’onore di intervistare Enrico Piovesana, vincitore del premio Enzo Baldoni 2007, sezione internet. Ha soli 32 anni, giornalista professionista, lavora a Peacerporter.net, dove ha seguito dal 2003 i conflitti in Afghanistan,in Cecenia,in Birmania,in Iraq,nelle Filippine.
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Quando incontro un giornalista o semplicemente quando leggo un articolo capisco se chi ho di fronte è: un Uomo, una persona che fa questo lavoro perché ci crede, per passione, perché lo sente come un dovere a cui non può sottrarsi. Oppure posso avere di fronte la persona o l’articolo di un beota, uno che pensa che il giornalista ha potere e che in virtù di questo fa da cane di compagnia a chi di potere ne fa abuso. Giornalisti come Enrico Piovesana sono gemme rare,irripetibili, per me che leggo i suoi reportage da un anno esatto, esempi da seguire,strade aperte da percorrere. L’ho detto mille volte non credo nell’oggettività, credo in quello che vedo e in quello che sento. L’intervista che vi propongo è stata la più interessante e la più appagante che abbia mai fatto , a dispetto dei “grandi nomi” che ho avuto l’onore di conoscere ed intervistare grazie a Portale Giovani. Questa intervista è il risultato di una lunga telefonata cosa che non amo, come ho già affermato su queste pagine, anzi che detesto, il perché è semplice hanno il difetto di essere fredde e prive di contatto, con esse infatti non puoi guardare in faccia il tuo interlocutore,scrutarlo negli occhi. Esse si svolgono solo attraverso il canale vocale e ciò la limita. È difficile tracciare un profilo dell’intervistato telefonicamente ciononostante sono riuscito a capire Enrico Piovesana un Uomo semplice, con una grande passione e tanto coraggio quello che serve per questo mestiere ma soprattutto per la vita.
È la molla della vita, il coraggio. Accendemmo il fuoco perché avemmo coraggio. Uscimmo dalle caverne e piantammo il primo seme perché avemmo coraggio. Ci gettammo in acqua e poi in cielo perché avemmo coraggio. Inventammo le parole e i numeri, affrontammo le fatiche del pensiero, perché avemmo coraggio. La storia dell'Uomo è anzitutto e soprattutto una storia di coraggio: la prova che senza il coraggio non fai nulla, che se non hai coraggio nemmeno l'intelligenza ti serve. E il coraggio ha molti volti: il volto della generosità, della vanità, della curiosità, della necessità, dell'orgoglio, dell'innocenza, dell'incoscienza, dell'odio, dell'allegria, della disperazione, della rabbia, e perfino della paura cui rimane spesso legato da un vincolo quasi filiale. Però esiste un coraggio che non ha niente a che fare con quei tipi di coraggio: il coraggio cieco e sordo e illimitato, che nasce dalla sete di verità. Non ha confini il coraggio che nasce dalla passione per la verità e per la verità si realizza. Non tiene conto di alcun pericolo, non ascolta nessuna forma di raziocinio. Pretende di muovere le montagne e spesso le muove.È il caso di Enrico Piovesana.


1. Anzitutto mi piacerebbe parlare di lei, del suo mestiere. Come nacque questa vocazione, come si manifestò?

Fare il giornalista è un mestiere con diverse sfaccettature, c’è chi fa il giornalista ai TG ed è un mestiere. C’è chi lo fa come noi ed è tutto un altro mestiere. Ciò che volevo fare io era girare per il mondo e raccontare cose di cui pochi parlano. Il desiderio è nato tempo fa ho cominciato ad occuparmi notizie di conflitti come hobby, mentre studiavo a Perugia presso la facoltà di “Scienze Politiche” ho collaborato per un annetto col “Corriere dell’Umbria” occupandomi di cronaca locale, poi sono andato a lavorare in un giornale on-line sempre di cronaca locale e proprio lì ho imparato ad usare internet e a creare i siti e sempre lì ho sviluppato il sito di “World News” che aveva avuto al epoca un discreto successo. Successivamente fatto domanda per alcune scuole di giornalismo e sono stato preso alla scuola di Milano sicché mi sono trasferito in questa città per fare la scuola di giornalismo che era alternativa al praticantato in un giornale, ho svolto un po’ di stage agli esteri per il “ Corriere Della Sera” dove ho realizzato che non era quello il tipo di giornalismo che volevo fare visto che non gradivo il sistema. Sa è tutta una grossa macchina dove tu sei un piccolo ingranaggio e non conti niente, non c’è gran libertà di lavorare e tutto abbastanza deciso sopra la tua testa. Finita la scuola di giornalismo ho avuto la fortuna di essere stato contattato e ho fatto un po’ il free lance viaggiando, in particolare andando in Iraq poche settimane prima dell’inizio della guerra nel 2003 dove ho mandato alcuni pezzi a testate come “L’Unità“, “Liberazione” ecc. proprio lì ho conosciuto altri giornalisti e sono venuto a sapere che stava nascendo un progetto editoriale come “Peacereporter” mi hanno chiesto di entrarci e ci sono entrato.

2. Tutte le notizie che ci arrivano dall’estero, sono vere o arrivano attraverso dei compromessi?

Il 90% sono balle e solo il 10% è vero. Tutto quello che viene dall’estero è in gran parte filtrato distorto o comunque presentato in maniera ,se non distorta, superficiale e quindi assolutamente poco veritiera.
Uno dei motivi principali al di là della volontà di manipolazione dell’informazione, è la mancanza di persone che hanno voglia di recarsi sul posto per vedere le cose con i propri occhi, quindi anche un’impossibilità di capire le dinamiche che da dietro una scrivania sono ben difficili da capire, da interpretare quindi molte volte, al di là della mala fede che ogni tanto c’è purtroppo soprattutto quando si parla di questioni delicate soprattutto di conflitti di un paese coinvolto ecc, si arriva addirittura alla censura di certe cose però spesso si tratta di scarsa professionalità se vogliamo perché certe dinamiche ,certe situazioni si possono capire o seguendole molto e studiandole molto o meglio ancora andando sul posto e riuscendo a parlare con la gente vedendo le cose direttamente, solo in questo modo le notizie che tornano, che si riportano indietro sono notizie più veritiere. Poi dipende da come si considera l’informazione se come strumento di potere a servizio di qualcuno o come una sorta di diritto all’informazione dove tutto deve essere riportato.

3. Cosa ha imparato a livello umano in questi paesi, in queste città, in queste guerre?

Ho imparato che tutte le popolazioni dei paesi in cui sono stato che fossero l’Iraq,l’Afghanistan,la Cecenia o le Filippine o la Birmania sono popolazioni che non vogliono la guerra. Quando c’è una situazione di conflitto la gente ,tranne rari casi in cui può appoggiare sia una parte che un'altra, finisce sempre col pagarne il prezzo maggiore di essere maggiore in termini di qualità della vita, di vita stessa. Il fatto che noi da qua possiamo pensare che la gente di certi paesi che vivono situazioni di conflitto patteggiano per una parte o per l’altra in realtà la gente normale tendenzialmente vuole solo vivere tranquilla e in pace. Ho imparato che le persone che vivono in situazioni più difficili delle nostre dimostrano un umanità assai maggiore di quella che ormai da noi si è perduta.

4. Parlando della Cecenia si può definire una guerra strana, si parla di 100 esecuzioni civili al mese e 3000 cadaveri solo nel 2003. Si parla di atrocità, brutalità senza pari. L’America ha contestato l’elezione presidenziale tenutasi nel 2004 ma si è fermata lì, il mondo resta muto…

È da più di dodici anni che la Cecenia si trova in un paese delirante che inizialmente era impegnato in una sorta d’indipendenza nazionalistica contro la Russia da cui si voleva staccare, ed è una guerra che affonda le sue radici nel 800 quando l’impero zarista aveva occupato il Caucaso. Insomma i Ceceni non hanno mai voluto i russi tra i piedi, perché sono culture molto diverse. Il problema è che da anni leader storici del nazionalismo Ceceno sono stati uccisi dalle truppe russe con una guerra tremenda che ha fatto un vero genocidio di popolazione civile, sono rimasti in campo solamente le forze della nuova generazione cecena che sono questi mussulmani molto radicali e molto legati a quella ideologia internazionale Jihadista che poco ha che fare con il sentimento della gente cecena. La popolazione cecena si è mussulmana ma “all’acqua di rosa” non sono talebani, è gente molto normale che ha una religione, come noi siamo cristiani loro sono mussulmani , solo che ci sono questi guerriglieri che strada facendo si sono staccati dalla popolazione per cui dicono di combattere e adesso stanno portando avanti una guerriglia del tutto staccata dal contesto sociale in cui vivono…

5. Scusi ma l’ONU non fa nulla?

L’Onu non fa nulla. L’Occidente non fa nulla. Questo perché non vogliono disturbare la Russia che per ovvi motivi economici e commerciali hanno sempre dato mano libera alla Russia, continuano a darla anche nei periodi più duri della guerra quando la Russia bombardava a tappeto le città e villaggi facendo stragi di civili. Adesso la situazione è migliorata continuano i combattimenti, ma solo sulle montagne ci sono attentati,agguati, scontri, certo non è più quello che c’era anni fa e ciononostante l’Europa è sempre stata zitta perché non ha mai voluto disturbare un rapporto strategico con la Russia basato sulle forniture di Gas e sul commercio, sull’equilibri politico che insomma fa molto comodo ai governi occidentali per non parlare degli Stati Uniti che diciamo sono ben contenti di barattare il silenzio occidentale sulla Cecenia con il silenzio russo su certe cose che gli U.S.A fanno di molto simile in altre parti del mondo.

6. A che cosa fa riferimento?

Al fatto che comunque la Russia mai ha criticato le violazioni dei diritti umani che le truppe americane hanno compiuto in Iraq, in Afghanistan. Vi è un patto silenzioso tra le due potenze.

7. Torniamo in Cecenia, parliamo un po’ di un personaggio interessante per certi versi, un uomo che ha in mano l’intera Cecenia, un uomo spietato,brutale che sputa sui diritti umani e si fa gioco dei suoi garanti Ramzan Kadyrov….
( “Non è compito mio garantire il rispetto diritti umani” disse al Commissario Europeo per I Diritti Umani nel 2007)


Questo giovane rampollo della politica Cecena che proviene dal clan mafioso più potente è un personaggio umanamente molto particolare, un tipo violento, un tipo che insomma è veramente malvisto dalla popolazione, uno che ha fatto i soldi, ha ottenuto potere contrabbandando in petrolio,armi e tutto quello che poteva, oltre ad essere figlio del presidente che è stato ucciso nel maggio 2004. Ovviamente, facendo parte dell’amministrazione filorussa, è stato sempre il pupillo di Putin che lo ha allevato come successore del padre e quando ha raggiunto l’età legale per essere presidente, lo ha ammesso a presiedere la Cecenia come una sorta di proconsole della Russia che gestisce gli affari in Cecenia. Li gestisce in maniera anche abbastanza. Prima con i sequestri di persona con la scusa della rotta al terrorismo. Quando sono stato a giugno ho raccolto testimonianze su come questa milizia Kadyroviti andava in giro a sequestrare la gente torturandoli, per avere esclusivamente soldi li accusavano di essere ribelli, il tutto solo per soldi. Adesso la situazione è cambiata, forse Kadyrov è maturato è ha capito che si guadagna molto di più con il business della ricostruzione quindi adesso tutti i lavori e le costruzioni sono controllate dal racket del clan Kadyrov, da lui in particolare che controlla tutti i ristoranti, tutte le pompe di benzina, tutte le attività commerciali e tutti i cantieri edili e quindi si sta facendo tanti soldi dando anche un immagine di ritorno alla normalità alla Cecenia, che al contrario vive in una situazione molto tesa in cui i diritti umani sono assolutamente calpestati.

8. Non c’è parola sfruttata come la parola pace. Cosa intende lei per pace e lei crede davvero che esista una soluzione di pace per la Cecenia?

Io per pace intendo giustizia. Ci sono le paci imposte che se non sono percepite come paci giuste di solito durano molto poco. Nel caso della Cecenia la situazione era perfettamente recuperabile fino a qualche anno fa, quando c’era una controparte nazionalista ma moderata con cui i russi potevano dialogare e si poteva arrivare ad un compromesso di autonomia. Purtroppo questa scelta non è stata fatta ed i russi hanno sempre rifiutato un tentativo di dialogo, andando dritti per la loro strada hanno eliminato tutti i possibili interlocutori e adesso si ritrovano con dei personaggi che inneggiano ad Allah, con cui è impossibile ovviamente dialogare. L’unica speranza è che queste forze islamiche radicali pian piano vengano marginalizzate dalla stessa popolazione cecena che però d’altro canto non riuscirà mai , per motivi generazionali,storici,tradizionali a mandar giù il fatto di essere governati direttamente o indirettamente come avviene adesso comunque dalla Russia perché è una cosa che a loro non va giù ogni famiglia cecena ha uno o più persone morte,torturate o sparite e sono cose che ovviamente non si dimenticano quindi prima che ci sia una riconciliazione nazionale , una situazione di pace c’è ne vorrà parecchio. Ma forse se la situazione si andasse tranquillizzando e magari un po’ di benessere , un po’ di rapporti sociali un pochino più umani si riuscissero ad instaurare forse le prossime generazioni potrebbero dimenticare quello che è successo fino adesso e quindi si potrebbe andare verso la normalizzazione della situazione con magari dei gruppi di “banditi” e non ci sarebbe più un atmosfera di contrapposizione. Ormai parlare d’interventi internazionali ONU,caschi blu e cose del genere è inutile, sono stati proposti tante volt e negli anni passati da gruppi di diritti umani e non solo, ma ovviamente dato che la Russia ha sempre risposto picche, ha sempre affermato: “questo è una affare interno nostro non vogliamo che nessuno s’intrometta”. Ovviamente senza la volontà della Russia questo problema non si risolverà mai.

9. Qual è stato il suo ultimo viaggio e che altri viaggi in programma?

L’ultimo viaggio che ho fatto è stato in Birmania durante le proteste sanguinose che ci furono a settembre e ottobre sono stato anche nel sud delle Filippine dove si combatte ancora la guerriglia separatista islamica, dove ci sono anche gli americani che combattono nell’ambito della guerra globale nel terrorismo. Adesso sto lavorando ad un viaggio nel sud dell’Afghanistan dove la situazione è sempre peggiore e nelle aree tribali pakistane dove ci sono tutte le basi dei talebani e c’è chi dice anche della famosa Al Qaeda.

10. Un ultima domanda, e ne scusi la brutalità. Non ha mai avuto paura di morire in guerra?

Non mi sono mai trovato in situazioni così rischiose d’avere paura, visto che la guerra non è più quella della prima o della seconda guerra mondiale in cui ci sono due eserciti che sparano e si bombardano, anche se capita. Ci sono guerre di guerriglia in cui il rischio maggiore è quello di essere rapiti, quello di affidarsi a persone poco affidabili che ti possono vendere. Quelli sono i rischi maggiori che un giornalista corre, almeno che non si trovi in situazioni di combattimento di battaglia cosa che a me ,per fortuna, non è mai capitata. Ho corso dei rischi, sono passato a un filo da tanti attentati, autobombe robe del genere però lì ci si può affidare solo ad un minimo di misura di sicurezza ,di buonsenso e soprattutto sempre girare con persone di cui ci si fida ciecamente e che hanno a cuore l’incolumità del sottoscritto in questo caso. Ma la paura c’è sempre perché la paura aiuta ad essere prudenti. Però non mi sono mai sentito veramente sul punto di fare una brutta fine.

Simone Alliva
(Tutti i Diritti Riservati a Portale Giovani-Il Laboratorio Culturale dei Giovani Della Locride)

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