domenica 21 aprile 2013

Divisi su tutto. La deriva del Partito Democratico

Anche i partiti muoiono. Sono organismi viventi fin quando rappresentano interessi, esigenze, sogni anche (perché no?), per i quali valga la pena battersi, per i quali uomini e donne siano disposti a rinunciare a qualche ora del loro tempo libero e dunque riunirsi a discutere, a dire la loro, a litigare se necessario. Contrapponendosi a un avversario. Fin quando insomma siano strumenti necessari per la loro difesa, per il loro progresso, per il loro diritto di stare al mondo con più dignità. Sono organismi viventi fin quando siano necessari all’individuazione della soluzione dei problemi del paese, ma deperiscono e muoiono se non assolvono più a questa funzione, se si riducono a luogo d’incontro e di scontro di gruppi dirigenti. Ieri, assistendo all’elezione del Presidente della Repubblica, abbiamo avuto drammaticamente l’impressione di assistere alla chiusura di un ciclo, alla fine di un partito. La fine del Partito Democratico. C’è una disillusione e un’amarezza che pesa come il cemento, passa dalla base: quella rimasta inascoltata dalla dirigenza, quella che in piazza Montecitorio insieme ai grillini urlava il nome di Rodotà e arriva fino ai neoeletti alle primarie, i giovani “incontrollati” eaccusati dalla vecchia nomenklatura di dare retta al web, di aver tradito.
E’ stato annunciato il congresso del PD, nessuno sa come andrà a finire questa lentissima implosione del Partito dove è imprevedibile sapere da che parte confluiranno i cocci. Le due gambe libere e “giovani” del centrosinistra, SEL e Partito Democratico; “potrebbero poter camminare insieme”, come propone qualcuno “oppure possono continuare a prendersi a calci negli stinchi in attesa e in preparazione di una prossima sconfitta” e qualcuno altro invece dice di no, una nuova formazione politica sarebbe un suicidio: “quale nuova formazione ? andare a fare la minoranza di Vendola? un nuovo partito che ci piace un po’ di più e che poi deve allearsi comunque con il PD che senza noi sarà sicuramente uguale a come è adesso? No l’operazione Fratelli d’Italia di sinistra non la voglio fare“.
Anche i partiti muoiono: possono morire perché travolti da eventi esterni, perché abbandonati dalla fiducia dei cittadini, perché non riescono più a parlare al paese. Il PD rischia di morire per l’incapacità di affrontare apertamente i contrasti che li dividono e di operare le relative scelte. Il Partito Democratico ha rinviato troppo a lungo il momento delle scelte e delle decisioni. Ha consentito ai congressi di concludersi sempre con una maggioranza che i commentatori maligni definivano “bulgara”. In questa maggioranza, che non era l’esito di un limpido dibattito, le divergenze si ammorbidivano, si stemperavano, avvolte in una ragnatela di parole. Così era fatta salva l’unità. Ma le stesse maggioranze, per quanto “bulgare”, una volta messe alla prova non riuscivano decidere con efficacia, chiunque fosse il segretario. Basta pensare a quello che è successo venerdì 19, quando il fondatore Romano Prodi è stato affondato da sconosciuti tiratori franchi del suo stesso partito, dopo essere stato acclamato, da 101 voti occulti in dissenso. Episodio che dimostra la confusione nella quale vive il PD in mancanza di un aperto dibattito e di adeguate regole di convivenza. Certo, si può anche far finta che nulla di grave sia accaduto, seguendo l’aureo consiglio del Conte Zio di manzoniana memoria che, se non sbaglio, raccomandava: “Sopire, sopire, sedare…”. E’ la strada, appunto, che può far salva, ancora una volta, l’unità del partito, ma rischia di condannarlo all’irrilevanza politica. “Adesso c’è il congresso e la paura che dopo questa semi rivolta tutto si assopisca e ci sia la restaurazione è fortissima” dice Daniele Viotti, tesserato PD, candidato alle primarie parlamentari e co-fondatore dell’associazione LGBT QUORE, “perché rimangono i piccoli Bersani, i piccoli D’Alema, i piccoli Marini, le piccole Bindi in parlamento e nelle federazioni”. La vecchia nomenklatura che dura a morire e che sorda al proprio elettorato ha portato il partito sul baratro.
Il centrosinistra dispone di un personale politico fantasioso, capace di avanzare sempre nuove proposte per risolvere l’ormai più che decennale crisi della politica italiana. Le avanza e le dimentica. Quella che doveva essere la nuova casa della sinistra italiana venne costruita in fretta, assemblando materiali vecchi e nuove utopie, per opera di architetti e muratori che non si stimavano e avevano ognuno in mente un diverso progetto. La costruzione, che nel corso degli anni ha assunto nomi diversi, assomiglia oggi a un condominio rissoso nel quale più nessuno rispetta le regole. Si litiga, si fa pace, si litiga di nuovo; ma la convivenza appare sempre più difficile. Forse impossibile. I Democratici sono ormai divisi su tutto, in modo ora esplicito ora sotterraneo. Da queste difficoltà possono uscire, a quanto è dato capire, in due modi. Possono, superando molte ambiguità e affrontando il rischio di nuove polemiche e rotture interne, accentuare il carattere e il profilo del loro riformismo, rafforzando il legame culturale e politico con le nuove forze movimentiste della società civile. Oppure, come alcuni suggeriscono, possono tentare la strada di una nuova formazione politica, nella quale si incontrino (ma anche qui le difficoltà non sono poche, l’irrilevanza politica che ha condannato l’operazione Fratelli D’Italia nel centro destra ne è la prova). Ambedue queste ipotesi partono dal riconoscimento della crisi del Partito Democratico, dell’esistenza dentro lo stesso partito di più pezzi che si stanno divaricando. Ma tutto ciò che accade, e che accadrà dentro il partito non potrà essere senza conseguenza su tutti i soggetti che compongono il centrosinistra. Ad ogni modo prima di tutto il centrosinistra per riprendersi ha bisogno di un’anima.

martedì 15 maggio 2012

Romanzo di una strage

Piazza Fontana, Milano, 12 dicembre 1969. L’esplosione di una bomba devasta la Banca Nazionale dell’Agricoltura, provocando 17 morti e 84 feriti, e inaugurando di fatto l’inizio della ‘strategia della tensione’. A condurre le indagini, che si orientano subito verso la pista anarchica, sono il commissario Luigi Calabresi e i suoi superiori, Marcello Guida e Antonino Allegra. Tra i primi fermati c’è il ferroviere Giuseppe Pinelli. Il resto è una storia italiana che dopo 35 anni, undici processi e quattro procedimenti arrivati in Cassazione ha riconosciuto la colpevolezza degli autori materiali: la destra neofascista veneta– i neofascisti Freda e Ventura – ma non ha ancora gettato una luce chiarificatrice su alcune circostanze, che rimangono ancora torbide e contestate da più parti. Romanzo di una strage, per la regia di Marco Tullio Giordana, già autore di alcuni film di chiara impronta civile (I cento passi e La meglio gioventù), è il primo tentativo di effettuare una ricostruzione cinematografica dell’intera vicenda. Il film si avvale di un ricchissimo cast (nel quale spiccano Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino, che nel film vestono rispettivamente i panni del commissario Calabresi e dell’anarchico Pinelli), e di una suddivisione in capitoli, che nelle intenzioni del regista serve a distinguere i fatti accertati dalle supposizioni, le verità dalle ipotesi. Si tratta di un film e non un documentario. Sgombriamo il campo da tutta la situazione filologica scatenatesi in questi giorni. “Romanzo di una Strage” è un film che con gli strumenti della finzione costruisce la realtà. È l’arte che tiene insieme cose che la cronaca e la politica non possono tenere insieme. Molto spesso, anche nei romanzi, per raccontare l'essenza ultima della verità c'è bisogno di una narrazione, di una storia, di un elemento artistico. Stabilito che non si tratta di documentario ma di un film bisogna soffermarsi sul fatto che gli interpreti di questo film sono nati negli anni che il film narra ,fine anni settanta, hanno oggi l'età che avevano allora i protagonisti di questa storia. Quasi come se fosse un'altra generazione a distanza di quarant'anni che reinterpreta e rivive questa storia. Il dato anagrafico è importante, credo che in tutte le vicende tragiche di questi paesi ci sia bisogno di una distanza dalla storia che si narra, una distanza che è quella di nipoti. Sono i nipoti in grado di raccontare le cose come sono andate, questo è successo in Spagna con il franchismo, in Italia con il fascismo ed è quindi molto importante che gli interpreti di questo film avessero zero, uno,due o tre anni quando questi fatti sono accaduti. Poi c'è lo sguardo del registra che è stato un protagonista di quegli anni: Giordana stesso ha raccontato di essere stato testimone diretto durante l’esplosione della bomba a piazza fontana e di essere stato interrogato dall’ispettore Calabresi in qualità di testimone. Eppure egli stesso ha affermato: “Non potevo raccontare questa storia prima, sono dovuti passare quarant’anni” . La distanza temporale per raccontare i fatti, per non essere coinvolti emotivamente;  la narrazione è più efficace quando avviene da parte di chi non era emotivamente coinvolto. Il film racconta di una situazione politica che non è tanto diversa della nostra, nel senso che la consapevolezza della realtà di alcuni uomini politici è ancora oggi molto viva: come stanno le cose, quali sono le dinamiche, gli interessi economici e internazionali, quali sono le ragioni per cui le cose accadono. Sono realtà che si conoscono ma che non si possono dire per ragioni che questo film spiega bene e che sono non nobili e neanche d’interesse collettivo o di un presunto interesse collettivo. Il film è molto didascalico quasi come fosse una pagina di un libro di scuola per le medie,ed è giusto che sia così, la storia che deve essere raccontata in maniera semplice per essere compresa da tutti. Marco Tullio Giordana ha fatto una scelta ben precisa: non raccontare il clima di quegli anni, lasciarlo ai margini. Una scelta coraggiosa,necessaria perché il clima di quegli anni era talmente arroventato che avrebbe spinto il film a schierarsi da una parte. È solo raccontando la storia degli uomini che si possono mettere insieme moltissime tessere di un mosaico sterminato regalandoci la possibilità di guardare il quadro della storia nella sua interezza. Il film restituisce allo spirito del tempo quella necessità di rendere pubblici i documenti coperti da segreto di stato, in attuazione della legge del 3 Agosto 2007. La legge c’è, esiste, mancano i decreti attuativi. Questo paese avrebbe bisogno di verità e giustizia. Forse il governo tecnico Monti potrebbe permettersi di fare questa scelta scomoda e restituire un po' di dignità allo Stato,verità ai familiari delle vittime e alla storia.

martedì 9 agosto 2011

La rabbia di Londra



Non ha giustificazioni chi fracassa, devasta e appicca incendi. Ma qualcosa deve farci riflettere. C’è una rabbia generazionale che sta attraversando l’Europa, il Mondo: dopo la Parigi del novembre 2005, dopo l’Atene del dicembre 2008, ed a poche settimane dalla San Francisco del luglio 2011 adesso è la volta di Londra. È da una scintilla che scaturisce l’incendio: giovedì scorso alcuni agenti hanno fermato un “minicab” – un taxi privato – nel quartiere di Tottenham, all’imbocco del Ferry Lane Bridge, nel corso di un’operazione contro il possesso illegale di armi. Quello che è successo esattamente è al centro di un’inchiesta: secondo la polizia c’è stato uno scontro a fuoco e qualcuno ha sparato contro gli agenti che hanno risposto con due colpi, uccidendo Duggan. A conferma del fatto che erano stati attaccati, gli agenti hanno citato un proiettile entrato nella radio trasmittente di un agente e un’arma raccolta sul posto. La versione è stata però contestata da alcune testimonianze raccolte dai giornali, per cui Duggan – 29 anni, 4 figli, nero, pregiudicato, abitante nel vicino complesso popolare di Broadwater Farm – sarebbe stato a terra o immobilizzato quando è stato ucciso. I parenti di Duggan hanno sostenuto di escludere che avrebbe mai sparato contro la polizia.Ma soprattutto, domenica sera il Guardian ha scritto di essere in possesso di informazioni per cui il proiettile nel cruscotto proverrebbe da un’arma della polizia. Sabato nel tardo pomeriggio una folla si è radunata nel centro di Tottenham, quartiere nel nord di Londra, per protestare contro l’uccisione di Duggan e contestare la versione della polizia. Diventa una gigantesca e pacifica manifestazione di giovani che si staccano le nutrite milizie della guerriglia urbana e si scontrano con la polizia in tenuta antisommossa (che, quasi impreparata a sostenere l’urto, reagisce con altrettanta violenza).Sono adolescenti e ragazzi poco più grandi, maschi e femmine di tutte le razze. L’unica cosa che sembrano avere in comune è fare parte di classi sociali disagiate. E’ questa reazione è il risultato di anni in cui i loro bisogni e le loro necessità sono state bellamente ignorate, prima dai Laburisti e ora dal governo della coalizione tra Tory e LibDem.Una reazione alle politiche restrittive dei governi che alimentano povertà, mancanza di lavoro, tensioni razziali, vessazioni della polizia. A Londra i recenti tagli hanno colpito i servizi sociali, ridotto i luoghi di aggregazione giovanili, indebolito la polizia e la sua autorità. Nel frattempo i politicanti ,che hanno trascinato una generazione nel baratro, rispondono con l’inadeguatezza e l’arroganza più cieca :“sentiranno la piena forza della legge”ha affermato il primo ministro Cameron. Londra brucia ma di rabbia. Brucerà ancora per i prossimi giorni, poi la polizia in tenuta antisommossa riuscirà a domarla questa rabbia ma difficilmente riuscirà a soffocarla,spegnerla. Chi vive a Londra, costretto fra le mura della sopravvivenza quotidiana lo sa. Londra da qui indietro non torna


giovedì 14 aprile 2011

Quello che succede vicino casa nostra e che non dovevamo sapere.

In Italia la libertà di stampa è al 72esimo posto nella classifica mondiale. E' un dato di fatto. Una stampa "parzialmente libera". Non sappiamo quello succede dentro il nostro paese figuriamoci quello succede ai nostri vicini. Corre l’obbligo di rilanciare qual minimo di verità nascosta dalla censura di governo, e lo facciamo, anche se serve a poco vista la possibilità di raggiungere un pubblico da “zero virgola” mentre l’informazione ufficiale continua a divulgare la realtà virtuale di un paese che non esiste.Sarebbe necessario informarsi su quello che succede ai margini del nostro paese. Oggi l'Italia non annuncia -come in passato- ma riflette le disgrazie che avvengono prima in altri paesi. Ed è questo un lavoro un po' pretenzioso ma di facile lettura che aiuta a capire quello che sta succedendo vicino casa nostra.



Albania: nessuno ne parla. Allora basterebbe cliccare su Google News e in pochi minuti scopriamo che:in Albania vi sono continui scontri e la situazione è tesa per le elezioni che si terranno l’8 Maggio. L’OCSE “si augura che ci siano libere elezioni”, il che significa che molto probabilmente non ci saranno, ma niente paura! Si sta procedendo con le privatizzazioni e le banche fanno il +89% di profitti, con tanti complimenti dall’Unione Europea.

Algeria: ci sono ancora proteste, ma questa analisi del Washington Post dipinge una situazione molto, troppo simile alla nostra… movimenti scollegati tra loro che non riescono a fare fronte comune. Quest’altra analisi invece pone l’accento sul trauma e sul bisogno di pace dopo tanti anni di guerra civile. Al-Jazeera ha una timeline delle proteste.

Arabia Saudita: continuano le proteste. Per i diritti umani, per i salari bassi, ma soprattutto da parte di shiiti che protestano contro l’intervento in Bahrein

Bahrein: un membro importante dell’opposizione è morto mentre era in custodia della polizia.

Egitto: Mubarak finisce in ospedale per un malore. Esattamente com’era successo a Ben Ali. Vediamo quanto dura. Nel frattempo, un blogger 26enne è stato condannato a 3 anni di galera da un tribunale militare per un post in cui diceva che l’esercito ed il popolo non erano mai stati veramente uniti.

Emirati Arabi (U.A.E. in mappa): arrestati due attivisti (uno dei quali è un professore alla sede della Sorbona in Abu Dhabi) che chiedevano riforme costituzionali. Nel frattempo erano state prese misure economiche per ingraziarsi la popolazione, vedremo se funzioneranno.

Giordania: continuano le proteste. Qualche giorno fa c’è scappato il primo morto (e 120 feriti, diciamo che non sparavano in aria).

Grecia: i sindacati organizzano uno sciopero per Maggio.

Iran: continuano le proteste. Contro il governo, ma anche a favore del Bahrein (e contro l’intervento saudita nel paese)

Iraq: c’è la guerra. Da 10 anni. Per abbattere il tiranno Saddam e portare la democrazia. Pare non abbiano gradito molto l'importazione della libertà (quasi fosse un pezzo di cioccolata) e della democrazia imposta con gli eserciti

Kuwait: il governo si è dimesso in massa, ma è stato rinominato lo stesso primo ministro. Le proteste sono soprattutto a carattere religioso tra sciiti e sunniti, ma ci sono anche i “beduini” che reclamano la nazionalità. Nel frattempo, la marina è diretta in Bahrein.

Libano: la situazione è tesa da Gennaio. La stampa americana sembra cominciare a fare campagna per proteste anche in Libano (turisti rapiti, stop all’esportazione di armi).

Libia: in Libia c’è la guerra. Oggi le chiamano missione di pace, quindi è così: in Libia è in corso una missione di pace.

Marocco: la BBC scrive che le proteste sono all'ordine del giorno.

Oman: continuano le proteste e, purtroppo, i morti.

Costa d’Avorio: la situazione è difficile. Non stanno protestando per la democrazia, ma per i risultati delle elezioni. Basta leggere qui per farsi un idea.

Palestina: le Nazioni Unite dicono che la Palestina è in grado di governarsi da sola

Siria: si continua allegramente a sparare sui manifestanti. Bloomberg titola “la Siria giura di schiacciare i manifestanti”. Ottimo.

Swaziland (non in mappa): proteste contro il Re, monarca assoluto che ha bandito i partiti e le elezioni da 38 anni.

Yemen: a migliaia hanno protestato contro una proposta di chiudere la crisi garantendo, però, l’immunità al presidente Saleh (mi ricorda qualcuno).

venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale(anche se di buono è rimasto ben poco).


Gli italiani guardano soltanto la televisione(1 italiano su 7 legge i quotidiani), la realtà esiste se passa attraverso al televisore. Oggi ho fatto una cosa che non faccio mai, ho guardato i TG. E tutti i TG davano l’immagine di un paese senza tempo, un paese ricco,senza problemi. Eppure a fine 2010 ci troviamo tra le mani le macerie di un paese(che non sono solo quelle di Pompei e dell’Aquila) sono le macerie della dignità del cittadino: manganellata (vedi gli studenti a Roma o gli aquilani),venduta(Scilipoti, Polidori, Calearo, Cesario, Siliquini in Parlamento),offesa. Non è difficile fare una fotografie di fine 2010:il centro destra è a pezzi ed è dominato dal potere economico di una persona (il potere economico che in Italia fa più che in altri paesi,lo abbiamo visto il 14 Dicembre il giorno della fiducia). La sinistra è in bilico, priva di eccellenze incapace di uno spirito di squadra. Una sinistra dove invece di cooperare vecchie glorie(D’Alema,Veltroni,Bersani ad esempio) e nuove speranze(Vendola) coesistono e si fanno i dispetti come bottegai. Le forme di protesta degli operai e degli studenti di quest’anno ci dicono che per essere visibili in Italia bisogna fare cose eclatanti che arrivino in televisione. Queste persone hanno un problema grave e paradossale per un paese considerato “potenza Europea”: non avere un lavoro. Il lavoro è un diritto sancito dalla costituzione e bisognerebbe non cambiare quest’ultima ma applicarla,fare in modo che gli articoli della costituzione che sanciscono i diritti fondamentali siano una realtà. Gli italiani non hanno un lavoro come pretendiamo che si possano preoccupare di Stefania Prestigiacomo piuttosto che di Mara Carfagna di Bersani o di Vendola,l'Italiano vuole lavorare. Disoccupazione è il termine chiave che chiuderà questo 2010.
Ma il 2010 si chiude con un capitolo tragico per la cultura italiana, l’approvazione della Legge Gelmini. Ne abbiamo già parlato, lo sapevamo. Del resto,riformare la scuola e l’università è forse il compito più arduo che tutti i governi hanno tentato e successivamente fallito. Pensiamo al primo grande tentativo quello di Luigi Berlinguer, mai ministro con quel nome fu così contestato. Non parliamo dei ministri successivi, sono stati tutti contestati, siano essi di sinistra che di destra. Eppure questa riforma è controversa, contiene cose che possono funzionare e altre no. Le baronie universitarie e il nepotismo sono il cancro di questo paese. Ma non solo dell’università, anche a livello sociale. Permettetemi una digressione: quando si dice era la nipote di Mubarak si dimentica sempre di dire che non solo non lo era, ma che anche se lo fosse stata si sarebbero dovute eseguire le regole di tutti (identificarla e procedere secondo quelle che sono leggi dello Stato) ed è il non detto che ci porta alla rovina perché passa un sottotesto per cui: se tu sei la nipote di qualcuno per te le strada si aprono per gli altri no. Quindi una riforma che cambi questo è assolutamente necessaria. Ma non sarà la Riforma Gelmini a farlo.
Detto questo l'unica lezione che possiamo trarre è che l'Italia ha bisogno di idee nuove e coraggiose, e non dello stanco temporeggiamento dei suoi leader di oggi.I successi di Berlusconi sono i fallimenti dell'opposizione che non ha saputo presentare ai suoi elettori un uomo(o donna) convincente e una politica coerente.La sorte di Berlusconi del resto è rimandata con una parentesi natalizia fino al prossimo episodio. Probabilmente a gennaio, quando la corte costituzionale deciderà se la legge ad personam sul legittimo impedimento, che evita i processi al premier, è anticostituzionale.
Nell'attesa Buon Natale, anche se buoni non lo siamo stati affatto: abbiamo lasciato soli gli operai appesi alle ciminiere, abbiamo quasi ignorato le grida di disperazione degli extracomunitari, barricati in chiesa o appesi sulle gru e ignorato(alcuni villipeso) gli studenti a Roma.

martedì 30 novembre 2010

L'antipasto di Wikileaks: crepe alla diplomazia mondiale prima del crollo.


Gli scenari che emergono li conosciamo in parte. I documenti americani, ad una prima lettura non rivelano nulla di nuovo, ma la loro forza è un'altra: mostrarci di cosa è capace Julian Assange, trentanovenne fondatore di WikiLeaks ricercato per due capi d' accusa. Sono davvero beoti quelli che non hanno capito che questo "11 Settembre dell'informazione" non è che l'antipasto di qualcosa di più grande. L'uomo ricercato numero 1 del momento non ha interesse a divulgare subito tutto ciò che potrebbe far crollare in pochi secondi la diplomazia mondiale, il suo scopo e procurarne delle crepe. I colpi inferti nelle ultime 48 ore non sono da sottovalutare: non è più segreta la richiesta saudita agli americani di attacare urgentemente l'Iran per distruggere il programma nucleare di Teheran.Non è più segreto il fatto che il Pakistan abbia avuto una parte nel determinare gli accordi sui combustibili nucleari, che in Belgio e in Slovenia c'è una trattavia sui prigionieri di Guantanamo.La notizia che dovrebbe lasciarci attoniti per giorni è che Teheran ha ottenuto 19 missili dalla Corea del Nord e i diplomatici Usa temono che potrebbero dare per la prima volta all'Iran la capacità di colpire una capitale europea o Mosca e che la loro avanzata propulsione potrebbe accelerare lo sviluppo iraniano di missili balistici intercontinentali. Il fatto che lo stesso New York Times ,su richiesta dell'amministrazione Obama,abbia deciso di non pubblicare il testo completo del documento ci dovrebbe dar da pensare. Si continua berciare che:"certe cose si sapevano". Si sapeva delle feste " selvagge" di Berlusconi così come del rapporto assiduo e opaco con Putin o Gheddafi. Eppure non sapevamo o fingevamo di non sapere che i comportamenti discutibili del nostro primo ministro, sia nel suo privato sia sullo scenario internazionale, abbiano un peso nella nostra immagine nel mondo. Berlusconi considerato "Megafono di Putin in Europa"(parlando di "regali generosi" e "contratti energetici redditizi") definito "Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno", dovrebbero farci pensare. L'America tiene gli occhi sull'Italia da parecchio tempo, la nostra politica estera è poco "ortodossa" e troppo fuori linea per gli alleati, ed è su questo che verteranno i prossimi documenti per chi non l'avesse capito: nel 2007 il pagamento del riscattoda parte del governo Prodi per ottenere la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo in Afghanistan, un comportamento non in linea con quello degli alleati e che scatenò le ire della diplomazia americana perchè il passagio di denaro venne reso pubblico costituendo un pericolo precendete. L'atteggiamento assunto da Berlusconi durante la guerra tra Russia e Georgia quando parlò di "aggressione georgiana" mettendosi in netto contrasto con la linea della Nato. Una delle più grandi preoccupazioni americane adesso è la dipendenza energetica dell'Italia dalla Russia. Qullo che Assange sta facendo è mettere il potere in ridicolo, con le sue notizie sul botox di Gheddafi, sulla paranoia di Karzai, sulle feste selvagge di Berlusconi.Il potere sempre visto come una cosa seria e mai come ridicola, è sempre raccontato in termini di tragedia e mai di commedia. Intendiamoci, da una parte questo è leggittimo perchè sui principali ingredienti del potere, il dolore e la morte, c'è ben poco da ridere. Il fondatore di Wikileaks cerca di far capire che oltre ad essere perfido il potere è buffo. E che lo sia si vede anzitutto dagli uomini e dalle donne che lo rappresentano. Buffo il sussiego che esibiscono per farci credere che sono eccellenti e quindi meritevoli di guidarci o tiranneggiarci. Buffa la falsa modestia che recitano per giustificare il privilegio conquistato o ereditato. Buffo il rispetto che esigono, la loro inadeguatezza o la loro disinvoltura. Tutto ciò a tal punto che viene spontaneo domandarci il motivo per cui dinannzi a costoro la gente si inchina o si ritrae intimidità anzichè ridergli in faccia.Per paura? Non basta, hanno più paura coloro che incutono o voglio incuter paura. Paura di perdere il posto, paura di essere smascherati,sopraffatti,ammazzati. Forse pigrizia, la nostra. Rassegnazione al fatto che non si può fare a meno di loro, che qualcuno deve pur stare in cima alla piramide detta società. Ma per vincere quella paura, quel bisogno di piegarsi a un capo, quella pigrizia, quella rassegnazione, basterebbe guardarli con gli occhi del bambino che nella fiaba di Andersene punta l'indice e strilla: "Il re è nudo!". Questo è quello che Julian Assange ci offre come antipasto.

venerdì 26 novembre 2010

Fatti non foste a viver come bruti


È un'Italia malata. Soffre di una patologia incurabile un paese che picchia i suoi ragazzi che manifestano per un futuro migliore. Un’intera generazione ha occupato gli spazi di storia dell’Italia,monumenti storici di tutto il paese,un modo per dire: “la storia siamo noi e non ci rassegniamo a viverla”. È stata malmenata e ignorata dagli agenti di polizia una generazione che difende il futuro in maniera educata, civile. Una malattia destinata a degenerare quella italiana: la riforma Gelmini infatti aumenterà le tasse degli studenti, un figlio che annuncia di voler studiare è diventato una disgrazia: anni di spesa inutile, nessuna carriera possibile. Il precariato viene incentivato, istituzionalizzato. Il 40% dei corsi tenuto dai ricercatori che sono destinati a dei contratti a termine. Una malattia che è causata dall’ignoranza dilagante di chi ci governa, leggiamo l’ultima dichiarazione del ministro Gelmini: “Se verrà stravolto il senso della riforma sarò costretta a ritirarla”. Un ministro che parla di “ritirare una riforma” è un ministro che non sa di cosa parla, persino i somari sanno che a stabilire che la legge torni in commissione, o che venga bocciata, è il Parlamento. Non ha fatto scalpore dunque il fatto che il Ministro Maria Stella Gelmini abbia erroneamente votato contro se stessa, aiutando a respingere il ddl per la terza volta. Chissà, forse la Ministra non sa di cosa parla neanche la riforma che porta il suo nome, pochi Italiani lo sanno. Forse neanche tutti gli studenti che stanno sui monumenti l’hanno capito. Eppure dei principi condivisibili ci sono:

• Nuovi limiti per il rettore che non potrà restare in carica per più di due mandati e cioè 8 anni, o 6 nel caso in cui sia stato eletto con un mandato unico non rinnovabile. Una norma che vuole eliminare le baronie insomma.
• Un fondo speciale che promuove l’eccellenza e il merito fra gli studenti del primo anno.

E dopo? Cosa si nasconde sotto, tra grovigli di buone intenzioni?

• I ricercatori entreranno solo con contratti a tempo determinato (4-5anni) , seguiti da contratti triennali. Poi dovranno superare un esame di idoneità per la conferma a tempo interminato come professori associati. Nel caso non dovessero ottenere l’idoneità, il rapporto con l’ateneo si chiude per sempre. S’introduce così una più persistente forma di precariato fra i ricercatori che svolgono il 40% delle attività didattiche.

Il 14 è il giorno decisivo dicono. Parlano di possibile fine del berlusconismo ma se così non fosse. Il premier vuole la fiducia a tutti i costi e forse la otterrà, gli italiani sono storici voltagabbana che con lo stesso entusiasmo gridano Viva-il-re e Viva-la-repubblica, Viva-Mussolini e Viva-Stalin, Viva-il- Papa e Viva-chi-càpita, Francia-o-Spagna-purché si- magna.
Berlusconi ha iniziato il suo calcio-mercato,cercherà di comprare più parlamentari possibili. Vuole la fiducia. La desidera per una prova di forza, al fine di chiedere egli stesso lo scioglimento delle camere sicché chi voterà la fiducia un attimo dopo dovrà fare gli scatoloni. Il parlamento del resto è paralizzato. Continuamente battuto nell’approvazione delle riforme, resta in piedi come un pugile malconcio senza un allenatore che getti la spugna. Per liberare la politica italiana dall’influenza di Berlusconi bisognerà aspettare la sua morte naturale o avviare una profonda deberlusconizzazione del paese, per tornare alla realtà dopo vent’anni di lavaggio del cervello televisivo. Il futuro insomma non è incerto, è peggiore. L’Italia è destinata ad una lunga agonia, non ci aspetta un paese mal governato ma ingovernabile, con una Destra in perenne guerra civile, una Sinistra impreparata a sostituirla e un premier che, a prescindere di come vadano le elezioni a marzo (perché ci saranno), dovrà presto fare i conti con la giustizia.

Ma prima del 14 Dicembre sono due le date da tenere a mente, faranno capire la direzione che prenderà il paese in futuro:
29 Novembre si voterà la mozione contro il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, dopo il crollo della Domus dei Gladiatori.
30 novembre sarà presentata in Consiglio dei ministri la riforma della giustizia, tanto cara al nostro premier.

P.S
I problemi italiani non sono finiti, l’Italia onesta, intelligente, civile chiede al capo dello Stato e alle istituzioni che siano resi pubblici, in attuazione della legge del 3 Agosto 2007, i documenti coperti da segreto di stato. La legge c’è,esiste, mancano i decreti attuativi. Questo paese avrebbe bisogno di verità e giustizia,le quali di rado si ottengono dalle stesse mani che hanno commesso il delitto. Ma proprio per questo ,anche se probabilmente non servirà a nulla come gli altri appelli di Repubblica, è doveroso firmare. Un esercizio di democrazia in un paese dove di democratico è rimasto ben poco.

Firmate: "Aprire gli archivi sulle stragi"